Il Corriere non si copia. Necessario anacronismo?
Dal 4 di agosto il Corriere della Sera chiude ogni articolo, sia della versione online che di quella cartacea, con la dicitura "Riproduzione riservata", seguendo il Sole 24 Ore.
Questo significa che, a meno di autorizzazione esplicita, è vietato copiare gli articoli. A seconda delle interpretazioni, il divieto vale, oltre che ovviamente sull'intero pezzo, perfino su una singola frase.
Ricordiamo che la legge sul diritto d'autore tutela già autori ed editori dalla riproduzione illegale di contenuti; probabilmente questa dicitura è un ulteriore rafforzativo che comunica esplicitamente "se copi ti querelo".
Si tratta ovviamente di una mossa a tutela del lavoro dei giornalisti dei rispettivi quotidiani e, soprattutto, di chi paga loro gli stipendi. Certo, è fastidioso vedere i propri articoli online o stampati abusivamente perfino prima che il quotidiano arrivi in edicola…
La vera domanda è se, nell'era della riproduzione totale, certi divieti siano ancora in linea con i tempi. Le stesse testate che dicono di volersi difendere da abusi, hanno verificato se i propri giornalisti non siano i primi a fare copia e incolla dai risultati di Google per la stesura dei propri articoli? A vedere dai numerosi strafalcioni che troviamo regolarmente tra le pagine dedicate alla tecnologia di certi quotidiani, ci viene da pensare che il controllo sia molto labile, sia sulla qualità che sulle fonti.
Siamo poi certi che i giornalisti della carta stampata non siano i primi a prendere spunto, in parte o integralmente, dagli stessi blogger che i loro editori vogliono castrare?
Insomma, le fortezze dell'informazione pensano di reggere all'assedio digitale barricandosi dietro a divieti e querele. È vero che gli abusi su Internet sono all'ordine del giorno, e noi stessi ci arrabbiamo molto vedendo nostri articoli copiati per intero. Riteniamo però che nel secolo della rivoluzione digitale, chiudersi a riccio sia, sempre e comunque, la risposta sbagliata.
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