Il Partito Pirata tedesco è fatto di hacker e spirito grillino
Il Partito Pirata tedesco non è un'accolita di hacker bensì un vero e proprio "partito di Internet". Durante la conferenza "State of the Net", svoltasi a Trieste venerdì e sabato scorso, il portavoce Jan Hemme ha illustrato la linea politica parlando di industria e ambiente. Insomma, chi si aspettava un attivista vestito di nero e dalla favella stentata è rimasto deluso. Nell'intervista con il Corriere della Sera si può rilevare infatti un progetto politico quanto mai simile a quello del Movimento Cinque Stelle.
"No, non siamo un partito di hacker!. Tra i nostri membri, che ora sono 35.000, ci sono tutti i settori della società, hacker compresi. L'era in cui ci concentravamo solo sulla regolamentazione del Web è finita. Ora non siamo più il partito di Internet", ha confermato Hemme. "Il nostro programma è molto vasto e trasversale. Riguarda anche il sociale, l'istruzione, le politiche energetiche e i diritti umani. Il partito raccoglie esperti nei vari settori, professori, ingegneri, assistenti sociali, ma le proposte non arrivano soltanto da loro. Tutti devono poter contribuire alla vita politica di un Paese".
Partito Pirata
Insomma, se il Partito Pirata italiano fosse stato un po' più brillante avrebbe potuto attirare molti "grillini", almeno secondo l'attivista. Perché fra gli obiettivi si parla proprio di rendere più trasparente la politica e coinvolgere attivamente i cittadini nelle decisioni sulla cosa pubblica. La piattaforma online Liquid Feedback ad esempio è usata proprio per consentire l'invio di proposte e contribuire a migliorare quelle già esistenti, nel rispetto dello spirito "open software".
Quanto alle recenti accuse di vicinanza ai neonazisti e negazione dell'Olocausto, Hemme si è difeso dicendo che sono ridicole. Il Partito Pirata mette i diritti umani al centro del programma e "in ogni caso, chi nega l'Olocausto è un pazzo o un criminale".
Fra le iniziative che il Partito porterà avanti nei prossimi mesi sono da rilevare la lotta contro le black list di siti Web sgraditi, la conservazione dei dati personali da parte di provider od operatori telefonici e i sistemi pubblici di sorveglianza, sia online che offline. Chiave poi la riforma del copyright "che non sia concentrata sugli interessi delle grandi aziende ma su quelli dei singoli cittadini e degli autori dei contenuti".