SIAE: 10 quesiti sul copyright per mordersi la coda
Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un paginone pubblicitario pagato dalla SIAE che sembra voler rinvigorire il dibattito sui diritti di copyright e la nuova normativa AGCOM. 10 domande molto precise e in alcuni casi poco neutrali, lasciando intendere ancora una volta che questi argomenti possano essere affrontati a senso unico. Insomma, ancora una volta la sensazione è che pensarla diversamente dalla SIAE voglia dire essere a favore della pirateria.
Come nota a margine vorrei sottolineare che, a parte la discussa gestione e il debito di 800 milioni di euro, SIAE è ormai criticata dagli stessi autori ed editori che dovrebbe rappresentare. La speranza è che il neo-commissario Gian Luigi Rondi possa far fronte a tutte le nuove sfide che impone la rivoluzione digitale, forte della sua esperienza nel settore (è nato nel 1921).
Intrattenimento legale
Ecco le domande SIAE:
1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?
2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?
3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?
4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?
5. Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?
6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?
7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?
8. Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà ? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?
9. Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?
10.Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “figli di un Dio minore”?
Auspichiamo che il regolamento AGCOM in quella che sarà la sua definitiva formulazione possa essere realmente efficace”, così si chiude il paginone. “Non vogliamo sottrarci al dibattito e al confronto ma è necessario che le soluzioni vengano individuate, e al più presto”.
Una delle risposte più interessanti, alla domanda sulle libertà dei consumatori (N° 8), è senza dubbio quella ha dato l’esperto Stefano Quintarelli.
“La libertà di prendere un oggetto e farne una copia privata, di fruirlo quando vuole e sul dispositivo di sua scelta, di regalarlo o prestarlo a terzi, la libertà di fruirlo in compagnia in privato (da definire cosa significhi “in privato”, online), la libertà di commentarlo, criticarlo, farne una parodia […] la libertà di sapere chi è il titolare dei diritti (per ottenerne una licenza per farne lavori derivati, ad esempio), etc.”, ha scritto Quintarelli sul suo blog. “Non c’è solo la libertà di prendere senza pagare, quella non è libertà “.
“Una libertà che secondo me non ci dovrebbe essere per i fornitori è quella di imporre ai clienti un solo strumento di pagamento, o di imporre loro i dispositivi, tempi e modi di fruizione, o di imporre loro di non poterlo prestare o regalare, o di fruirlo in privato con chi desiderano […] perchè il messaggio che riuscite a fare passare è che invece tutte queste libertà dei consumatori non contino. L’unica libertà che hanno è di pagare e usare nel modo più ristretto possibile il bene digitale, restringendo le libertà che oggi ci sono”.
Aggiornamento. Il Partito Pirata italiano ha risposto alle domande poste dalla SIAE.