I processori consumer di Intel non alimentano più guerre
All'inizio di quest'anno Intel aveva annunciato che avrebbe prodotto e distribuito microprocessori privi di minerali provenienti da zone di conflitto (conflict-free). L'argomento è particolarmente delicato perché i giganti dell'hi-tech hanno bisogno di materiali (tantalio, stagno, tungsteno e oro solo per citarne alcuni) di cui alcuni paesi poveri sono particolarmente ricchi.
La Repubblica Democratica del Congo è uno di questi paesi. Il problema è che i siti da cui si ottengono questi materiali sono spesso sotto il controllo di gruppi armati, che si finanziano attraverso il commercio dei minerali tecnologici. Per questo a volte si parla di tecnologia "insanguinata", proprio perché indirettamente alimenta gli annosi conflitti nel paese provocando migliaia di morti. Stando a quanto riportato dal sito Legit Reviews, anche se sono stati compiuti dei progressi Intel deve ancora fare molto.
"Secondo le nostre fonti in Intel tutti i microprocessori client e i chipset (Core, Atom, ecc) prodotti e distribuiti nel 2014 sono conflict-free". I microprocessori destinati al settore server sono invece realizzati ancora con minerali provenienti da zone di conflitto. "Intel ha l'obiettivo di usare minerali conflict-free su tutti i prodotti a partire dal 2016 e crede di essere ancora sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo prefissato all'inizio di quest'anno".
Obiettivo su cui però c'è un po' di confusione, perché prestando fede a un comunicato stampa di inizio 2014 si parla genericamente di processori, e non si fa distinzione tra soluzioni consumer o professionali (server). Il tema è comunque di quelli di cui bisognerebbe parlare più spesso perché un consumatore informato è un consumatore che può fare scelte, anche di carattere etico se ritiene che una determinata azienda non controlli la propria filiera, non rispetti l'ecosistema o non tratti in modo dignitoso i propri lavoratori.
Certo non è semplice boicottare una grande multinazionale, specie quando i suoi prodotti sono ovunque (e spesso è impossibile saperlo), ma l'essere informati e la possibilità di provarci sono diritti dei consumatori.
Ci aspettiamo che Intel continui su questa strada, raggiungendo il proprio obiettivo anche prima di quanto auspicato, e ci auguriamo che altre realtà ne seguano l'esempio (e non necessariamente devono farcelo sapere, basta farlo). Da Apple, che ha il dovere di controllare cosa avviene negli impianti dei suoi fornitori affinché la dignità umana venga rispettata, a qualsiasi altra grande realtà del settore hi-tech.
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Nel frattempo se volete avere un quadro generale migliore del lavoro di Intel e di quanto avviene in Congo e altri paesi, potete dare un'occhiata al video all'interno della notizia, o cercarne di simili sul canale YouTube di Intel. Sviluppare tecnologia in modo etico è possibile come dimostra il progetto Fairphone, lo smartphone equo e solidale scelto da migliaia di europei.